venerdì 18 gennaio 2019

SEGNALAZIONE: IL DESTINO IN UNA LACRIMA DI FIORELLA DI MAURO




Buon pomeriggio amanti dei libri.
Prendiamo un caffè e parliamo di questo libro fantasy - gotico,
praticamente rientra nelle mie corde.
Chi mi conosce bene, può capire il perché...
sono gotica al 100%
Andiamo a scoprire insieme il romanzo di Fiorella Di Mauro


SCHEDA LIBRO:




Titolo: Il Destino in una Lacrima
Autore: Fiorella Di Mauro
Data di pubblicazione: 15 Giugno 2018
Genere: Fantasy/Gotico
Pagine: 292

Trama
Bramata per secoli dalle forze del male. Custodita e tramandata da sacerdotessa in sacerdotessa fino a perdersi per colpa di un amore proibito. Il destino tesse le vite dei protagonisti riunendoli in un unico filo, quello del destino dell'umanità, dipeso dalla sacra lacrima di Cristo. Quale sarà la sorte dell'umanità?La profezia parla chiaro. Sarà il figlio del male a distruggere i sigilli che separano il mondo dei demoni da quello degli uomini. A non arrendersi sono il prete Leonard e la strega Dalia. E mentre la ricerca prosegue, la vita di altri personaggi s'intreccia alla loro, portando con sé tasselli di una verità a tutti celata. Amori proibiti; eterne guerre; una sola metà comune... la lacrima di Cristo.

Biografia autrice

Fiorella Di Mauro, nata il 16 Luglio 1985, è sempre stata attratta dall’arte. Col sogno di divenire una fumettista, si iscrive all’Istituto d’Arte di Catania dove apprende, fin da subtio, che dei fumetti ciò che ama di più è scrivere la storia.
Si cimenta nella stesura del suo primo romanzo di genere fantasy gotico dal titolo “Il destino in una lacrima” pubblicato dalla CE Ctl editore Livorno. Successivamente scrive il suo secondo romanzo “La ragione del cuore” un libro di narrativa attuale.
Per motivi di salute interrompe il mondo della scrittura e dopo anni di lotta, riprende la penna per realizzare il suo terzo e ultimo romanzo di genere fantasy spirituale “I falsi Dei”.
Quest’ultimo romanzo ha ricevuto diverse proposte editoriali ma al momento sono in fase di valutazione.
Ho partecipato a differenti premi letterari con dei racconti ricevendo grandi soddisfazioni.
Il racconto thriller “La cantilena dei pazzi” arriva in finale al concorso nazionale “Va in scena lo scrittore”.
Il racconto fantasy storico “La Banshee” viene scelto per far parte di un’antologia di racconti fantasy indetto dalla casa editrice “Historica”.
La favola “La gatta Bastet e il pitone Apophis” entra a far parte di un libro di favole realizzato per beneficienza.
Il racconto psicologico “Vivere la morte” viene premiato dall’associazione culturale Eterna con il secondo posto nel concorso letterario nazionale “Emozioni”.
Inoltre la scrittrice si diletta a intervistare autori emergenti e non nella sua rubrica “Tra finzione e realtà” che avviene nel gruppo facebook “Tralerighe”.
Possiede un canale Youtube dove crea dei video recensione e presentazione di un libro.
Ha partecipato alla fiera di Firenze “Libro aperto” nello stand della casa editrice Ctl editore Livorno e con il gruppo facebook Tralerighe e Nuuuuz.
Ha partecipato alla fiera di Roma “Più libri più liberi” con il gruppo Tralerighe e Nuuuuz.
Parteciperà al salone del libro di Torino.

Blog autrice: www.nuuuu.com

Estratto:
CapItolo 2
Arrivarono al villaggio quando la luna piena prese il dominio del cielo e, senza neanche discutere, i due viaggiatori decisero di affittare due stanze in una locanda per qualche notte. «Allora ci vediamo domani… Buona notte», esclamò Dalia, prima di entrare in camera, all’uomo ormai stanco del viaggio.
Leonard parve infastidito da quel saluto accentuato dal tono esageratamente alto e, digrignando i denti, entrò nella stanza accanto senza ricambiare il saluto. Ormai Dalia sembrava essersi abituata a ricevere tanta freddezza ingiustificata, dato che, nella sua vita, aveva avuto la fortuna di conoscere poca gente disposta a volerle bene nonostante il suo essere strega. La gente del villaggio difatti la trattava come fosse il male in terra e solo Mary sembrava tanto buona da provare quasi pietà per lei. Scoprendosi a ricordare i momenti di serenità trascorsi con la sua amica si sedette sul davanzale della finestra e osservò incantata la luna che quella notte mostrava il suo volto più cupo.
La strega, però, non poteva immaginare che, ogni qual volta il prete posava gli occhi su di lei, notando la tristezza causata dalla sua freddezza, un senso di colpa gli perveniva al cuore. in realtà Leonard non la odiava ma, addirittura, sentiva di assomigliarle più di quanto lei avrebbe potuto immaginare. Se avesse conosciuto i veri sentimenti che il prete nutriva per quella fanciulla così sola, Dalia non sarebbe ricorsa alla magia per scoprire qualcosa sul suo compagno di avventura.
«Cosa potrei fare? Potrei usare l’acqua benedetta per scoprire qualcosa sul passato di Leonard».
Senza più tentennare, prese una pergamena vergine, sulla quale disegnò la stella pentagonale rivolta verso l’alto e, al centro di essa, pose una bacinella di metallo contenente l’acqua benedetta. Per concludere, formulò l’incantesimo che lei stessa scrisse sulla pergamena:
«Dentro a questa acqua pura,
in questa notte oscura,
i pensieri di colui,
che nulla vuol far sapere,
io voglio vedere».
La figura che vide fu quella di una ragazza bella e sensuale che sorridente sembrava guardarla a sua volta. Nutrendo un po’ di invidia rimase a fissarla ipnotizzata fino a quando una nube oscura l’avvolse facendo divenire l’acqua benedetta nera come la notte. Dalia, si sentì pervadere da un’angoscia inusuale, che la costrinse a pronunciare uno spezza incantesimi:
«Stelle di fuoco
Luna di ghiaccio
rompete adesso l’incanto
che ho fatto».
Dalia si lasciò cadere sul letto, travolta ancora dall’accaduto.
Ma cosa sarà stato? Non mi è mai capitato nulla di simile. Forse quella donna è morta”. Con mille sospetti e preoccupazioni in testa Dalia si lasciò scivolare nel sonno per risvegliarsi l’indomani ancora più confusa della sera precedente.
«Forse dovrei consultare il maestro Criswel».
Criswel era come un padre per lei. Dopo la morte dei suoi genitori, i quali furono bruciati vivi dalla gente del villaggio, con l’accusa di aver usato la stregoneria, il maestro l’accolse a braccia aperte nella sua modesta casa. In effetti, i suoi genitori, adoperavano la magia, ma mai per fare del male a innocenti. Dalia ricordava benissimo sua madre; in particolare modo gli occhi verdi capaci di ipnotizzare e ammansire anche la bestia più feroce. Era una donna dal carattere forte e valoroso e avrebbe voluto assomigliarle anche solo un po’. Di solito si ritiene che le figlie femmine si leghino maggiormente al padre. Forse, anche per lei, sarebbe stato così, se solo lui non fosse stato spesso lontano da casa. A ogni modo, sarebbe stato meglio saperlo lontano, ma salvo, che vicino e morto come avvenne quel giorno. il destino volle così; entrambi i suoi genitori uccisi davanti ai suoi occhi. Prima di morire, però la madre la confortò telepaticamente: “Non temere figlia mia. Sarò sempre con te e se avrai bisogno del mio aiuto invocami e io apparirò”.
«Già! Per ricevere risposta dal mio maestro sarei costretta ad aspettare molto tempo, ma se evocassi lo spirito di mia madre potrei conoscere prima il significato di quellacqua scura». Sistemato il braciere in ferro sul tavolino, dispose cinque candele nere su ogni singola punta di una stella pentagonale. Dopo aver acceso con un fiammifero lo stoppino delle candele, scrisse su una pergamena il nome della madre e pungendosi un dito con la punta di un pugnale fece colare tre gocce di sangue sulla scritta. Infine, recitando l’incantesimo, bruciò la pergamena per poi gettarla sul braciere.
«Madre disperata,
madre bruciata,
il fuoco ti ha estirpata
dalla terra che ti ha generata
e dal fuoco adesso la tua essenza
diventerà presenza».
Una luce accecante implose facendo apparire lo spirito di una donna carismatica. «Dalia, cara, come mai mi hai evocata?», parve confusa mentre, ingenuamente, tentò di carezzare, senza riuscirvi, il viso della figlia che non riusciva a parlare per la forte emozione.
Dalia si era ripromessa che mai avrebbe evocato gli spiriti dei suoi genitori poiché il suo obiettivo era quello di riportarli in vita e poterli così riabbracciare, ma qualcosa dentro di sé le aveva fatto infrangere quella promessa. La consapevolezza che mai sarebbe stata in grado di effettuare il rituale di rinascita dello spirito.
«Ieri sera dopo un rituale l’acqua benedetta è divenuta nera», riuscì a sussurrare appena. «So perfettamente cosa è accaduto ieri sera, ma purtroppo, in questo caso, non mi è permesso aiutarti. Posso solo dirti che la ragazza è…»
La porta della stanza fu spalancata dalla furia di Leonard che, con espressione grave, fissava la giovane donna che a sua volta lo fissava stupita e ammutolita. Leonard fu il primo a esplodere presentando una reazione alquanto esagerata a parere della ragazza che superata la madre gli andò contro.
«Che cosa hai fatto? Per quale ragione hai evocato questo spirito?»
«Lei è mia madre e ho tutto il diritto di evocarla quando ne ho bisogno».
Dalia fu bloccata dalla madre la quale, senza girarsi a guardare Leonard, disse, in tono grave: «Tratta bene mia figlia…… Se non lo farai, te ne pentirai. Non è una minaccia ma un consiglio, poiché solo unendo le vostre forze arriverete alla verità… Addio», detto ciò svanì.
«La prossima volta rivolgiti a me prima di adoperare la magia, intesi?»
Dalia, incurante della furia persistente del compagno d’avventura, uscì dalla stanza senza degnarlo di risposta.
«Dove vai?»
«Ho un po’ di fame. Sai, per fare magia c’è bisogno di molta energia… Dai tranquillizzati. Puoi ben notare che non è accaduto nulla», dovendo ammettere che non era accaduto nulla, Leonard scese con lei a fare colazione e decisero come trascorrere la giornata in quel villaggio a loro sconosciuto. Lui avrebbe richiesto un colloquio col sacerdote del villaggio, mentre Dalia avrebbe fatto visita al conte De Sande che governava il villaggio; certi che fossero in parte a conoscenza di quella maledetta profezia. Il villaggio non era molto diverso dagli altri; c’erano bancarelle dove erano esposte, per essere venduti, cibi, vestiti e oggetti. Proprio una bancarella, con questo ultimo elemento, ottenne la sua attenzione. d’innanzi a lei vi erano dei libri di cui uno riportava un titolo che le suscitò curiosità. “Gli uomini immortali”.
«Mi scusi signora. Quanto pago per questo?»
La signora, che si avvicinò a lei sorridente, mutò espressione nel vedere il libro che Dalia le mostrava. Strappandole il libro dalle mani la guardò con occhi sgranati dal terrore. «Questo non è in vendita».
«Ma io …»
Intuendo, dal tono deciso della voce, che l’anziana signora non avrebbe mai ceduto, nonostante il suo continuo insistere, ripose il libro sulla bancarella e proseguì verso la residenza nobiliare.
Che stupida. Se non vuole venderlo perché l’ha esposto? Però è strano che possegga quel libro. Forse in questo villaggio sanno più cose di quel che immagino”.
Dopo un lungo camminare arrivò al palazzo nobiliare in stile impero e, chiedendo udienza, per parlare col conte, fu fatta accomodare in biblioteca. Com’era prevedibile, trovò testi che trattavano argomenti ultraterreni e, dando importanza ai titoli, ne prese due per leggere qualche pagina, ma fu interrotta dall’ingresso del nobiluomo.
«Buon dì madamigella. Mi presento; sono il conte August de Sande», terminò la presentazione con un baciamano senza che i suoi occhi, neri come la notte, smettessero di scrutarla intensamente.
«Buon … buongiorno lord De Sande sono Dalia Lorenzetti».
«Italiana. In effetti l’aspetto non mi lascia dubbi… siete un affascinante donna italiana», le rivolse un sorriso accattivante, mentre porgeva un bicchiere di whisky.
Come ipnotizzato, il conte rimase in silenzio a studiare i lineamenti del viso di Dalia. il viso rotondo, la carnagione rosea, gli occhi di un taglio molto attraente e in particolar modo i boccoli neri coinvolsero il nobile e non poté fare a meno di credere di trovarsi di fronte a una strega.
«E allora donna dalia cosa vi porta qua?», domandò sedendosi sulla poltrona per poi bere tutto d’un fiato il whisky.
«Credete nell’esistenza del demone dracula?» rimase colpita dall’impassibilità che mostrò il conte nell›udire una domanda alquanto imprevedibile.
Questo le fece intendere che fosse al corrente della profezia. De Sande non fece attendere molto la giovane strega che, seguendo i suoi spostamenti, si voltò non appena lui la sorpassò per avvicinarsi alla libreria e prenderle un libro: «Qua è narrata la storia del conte dracula. Volete che ve la racconti o preferite leggere per conto vostro? Fate come più gradite».
«Potrei riportarvelo domani, prima che il sole sia calato?».
Il conte annuì e prendendole la mano l’accompagnò fuori la residenza.
«Domani ci sarà una piccola festa in onore dei miei trenta anni. Mi fareste l’onore di essere la mia dama per quella sera?» Dalia non riuscì a rifiutare e, senza ribellarsi seguì stupita, ma anche ammaliata, le labbra del conte che baciarono la sua piccola mano. Quando però i suoi occhi incrociarono quelli tenebrosi dell’uomo un brivido le percorse la schiena e ritirando d’istinto la mano fuggì via. Era certa che quelli fossero occhi di demone e dalla sua aurea capì fosse uno fra i più potenti. Eppure, vi era una domanda a cui non sapeva rispondere: “Perché mi sta aiutando se è malvagio?” Dalia tornò alla locanda con l’unico scopo di chiudersi in stanza e leggerei libri sul conte dracula, ma questo le fu impedito dalla presenza dell’unico uomo che mai avrebbe immaginato di trovare disteso sul suo letto. «Leonard», sussurrò con tristezza. L’uomo più taciturno, introverso e intrattabile che avesse mai conosciuto, sorprendentemente, in quel momento, appariva indifeso, rannicchiato su sé stesso. Fu allora che capì chi fosse realmente l’uomo davanti a sé; era il vero “io” del prete.
Voglio sapere cosa nasconde. Ho bisogno di sapere come posso fargli ritrovare quel sorriso che sicuramente finora non ha conosciuto, ma che alberga in lui”.
Prese da dentro la sua borsa di viaggio un sacchettino in pelle che conteneva una polverina capace di indurre in un sonno profondo colui che l’avesse assimilato. Mescolandola con dell’acqua calda gliela fece ingerire a piccoli sorsi, riuscendo a non farlo destare dal sonno. Dopodiché appoggiò le sue mani sulle tempie di Leonard e, chiudendo gli occhi, si concentrò. Nel sogno vide molta confusione; le immagini scorrevano velocemente e senza un ordine. Si accorse, però, che ogni scena era caratterizzata da un’espressione triste dipinta sul volto di un bambino. La stessa che ebbe lei alla vista dei genitori morti. Dalia parve appropriarsi dei sentimenti di Leonard, avvertendo un dolore indescrivibile. Questo però non bastò per fermarla; Dalia continuò a leggergli la mente e, concentrandosi con maggiore intensità, riuscì a captare ciò che lui stava sognando.
Un bambino portato da una donna ad un sacerdote; la donna se ne va e il bambino piange e grida…”
«Madre».
Ritornata di soprassalto alla realtà, si ripromise che mai più avrebbe scavato nella vita privata del compagno d’avventura.
L’aria fredda della sera, entrava prepotente dagli spifferi della finestra e non volendo far prendere freddo all’uomo, per il quale iniziava a nutrire un tenero affetto, lo coprì con una coperta di lana presa dalla cassapanca di legno ai piedi del letto. Quindi, sedendogli accanto, gli tenne la mano come per infondergli coraggio.
Leonard fu svegliato dal canto di un uccellino posato sul davanzale della finestra. Per la prima volta, in tutta la sua vita, una sensazione di pace aveva spazzato via l’ansia, che ogni notte entrava in lui tormentandogli i sogni. Non capiva da cosa fosse dipeso, ma qualcosa dentro di sé dava il merito alla ragazza che teneramente gli stringeva la mano. Sentiva il respiro di Dalia scaldargli mano e forse anche l’anima. Lei senza volerlo si era addormentata con la testa poggiata sul braccio di Leonard, che vinto dal desiderio anche solo di sfiorarla le carezzò delicatamente le morbide guance.
Se a Leonard quella notte portò benefici, a Dalia solo dolori fisici. Si lamentò tutto il giorno dei dolori, fino a quando Leonard, infastidito, le consiglio i rimedi magici: «Perché non ti prepari una qualche cosa? Sei o no una strega?».
Incredula per quel consiglio avuto dall’uomo che, solo il giorno prima, l’aveva rimproverata, chiese: «Levami una curiosità. Cosa hai fatto ieri? Ti è successo qualcosa? oggi ti vedo diverso dal solito». «Ti sbagli. Sono lo stesso di ieri... A proposito di ieri; come è andato col nobile del villaggio?» Dalia non rispose, preferì prendere direttamente il libro da dentro la borsa. «Questo è il libro che, mi ha prestato il conte de Sande». Passarono tutto il pomeriggio a leggere il libro ad alta voce dandosi il cambio. Al termine della lettura, Leonard fece il reso conto di tutti i dati fondamentali: «Vlad 3° nacque nel novembre del 1431, nella fortezza di Sighisoara, in Transilvania. Nell’inverno del 1436-37, Vlad 2°, suo padre, divenne principe di Valacchia, principato a sud della Transilvania, e prese residenza nel palazzo di Targoviste, la capitale. Vlad 2° fu chiamato anche Dracul il cui significato era “dragone” dato che questi divenne il suo simbolo perché faceva parte del sacro ordine del dragone. il termine dracul in rumeno poteva essere interpellato anche come diavolo. Ed è questo il significato del soprannome dato a Vlad 3°. Dracula “figlio del diavolo”. Si sostiene che Vlad 3° abbia venduto l’anima al diavolo divenendo immortale e che, per vivere, si nutra del sangue mortale. Vlad Dracula è una creatura delle tenebre. il nosferatu. Simile a un cadavere è pervaso da un’anima dannata. il suo corpo è in uno stato di sospensione. il cuore ha cessato di battere, ma gli organi e le membra sono preservate dalla decomposizione. Il conte Dracula dispone di numerose abilità magiche. Secondo delle testimonianze riesce a trasformarsi in pipistrello o lupo, ha la capacità di ipnotizzare, possiede l’abilità di vaporizzarsi in nebbia di fumo, ha la padronanza di alcuni fenomeni atmosferici e numerosi poteri mentali. Oltre a disporre di queste capacità dracula ha anche diversi punti deboli. il contatto con l’acquasanta o oggetti consacrati provocano grandi ustioni. Non tollera la luce del sole che lo indeboliscono notevolmente e odia i simboli religiosi. Il suo corpo può essere ferito solo parzialmente, e se riesce a riposare nel suo sepolcro è in grado di rigenerare i tessuti danneggiati. Ma se si riesce a immobilizzarlo o stordirlo, allora è possibile distruggerlo. Per eliminarlo definitivamente è necessario conficcare un paletto di legno nel suo cuore e quindi decapitarlo». In quella stanza calò il silenzio più totale; Dalia stava per romperlo quando, inspiegabilmente, Leonard iniziò a piangere. «Non so che mi prende…… Scusa».
Spiazzatà da quell’inspiegabile accaduto, Dalia rimase per qualche istante a fissarlo a bocca aperta. Scossa dal bisogno di consolarlo, si decise a reagire. Si avvicinò a lui; gli asciugò le lacrime e infine strinse forte fra le sue le mani di Leonard.
«Non capisco il motivo di queste lacrime, ma se vuoi sfogarti io sono qui. Fidati di me; io non ti farò mai del male».
Leonard non capiva come Dalia riuscisse a spazzar via ogni suo tormento. Sembrava essere capace di guarire l’anima la sua anima. “Lei potrà aiutarmi”.
«Leonard, il conte de Sande mi ha chiesto di riconsegnargli il libro proprio il giorno in cui compie gli anni. Ci sarano i festeggiamenti nella sua residenza e mi ha chiesto di parteciparvi come sua dama. io ho accettato perché voglio sapere chi è De Sande però… ti sarei grata se venissi anche tu».
Leonard capì che lord De Sande inquietava parecchio la giovane donna e, anche se il suo programma iniziale era cercare altre informazioni, decise di stare accanto a Dalia. «Verrò con te».
«Fantastico» esultò felice alle parole di Leonard e, non sapendo frenare il suo entusiasmo, ebbe l’impulso di abbracciare il giovane prete, il quale sorrise alla vista di tanta gioia. «Ma dimmi, cosa hai scoperto ieri?»
Quella domanda fece ripiombare Leonard in tristi pensieri. La strega ritornò seria notando i muscoli del viso di Leonard irrigidirsi, mentre il viso si incupiva. Quindi si sedettero entrambi sul letto e Leonard cominciò a raccontare. Spiegò che, due notti a dietro, furono ritrovati dei cadaveri che riportavano delle ferite profonde su tutto il corpo e che gli fu concesso di analizzarli potendo capire che erano morti dissanguati.
«Quale demone sarà stato?»
«Dracula. Lui è maledetto» ringhiò schifato Leonard sferrando un pugno contro la finestra. «Perché?» rimproverò indicandogli la mano tutta tagliuzzata dai frammenti di vetro, «Ma poi chi ti dice che l’artefice di tale carneficina è Dracula?»
«Ti assicuro che è stato lui» dalia non riusciva a distogliere lo sguardo dalla ferita di Leonard poiché andava peggiorando.
«Vieni userò delle erbe magiche che ti guariranno immediatamente».
«No!» rifiutò bruscamente scansando la mano di Dalia «Rimanere qua a parlare significherebbe sprecare solo del tempo, quindi, suggerisco di cercare altre informazioni». «Aspetta…»
«Tornerò prima che cali il sole quindi fatti trovare pronta».
Quando giunsero alla residenza di de Sande vi era già tanta gente dell’alta aristocrazia. Leonard notò in dalia dell’imbarazzo e, capendo fosse dovuto all’abito orribile indossato, la chiamò a sé proponendole: «Non puoi presentarti conciata così di fronte a questi nobili, perciò cerca di usare qualche magia per mutare l’abito»
«Va bene! Fammi pensare ad una formula che potrei pronunciare.
Ciò che immagino d’indossare
io gli ordino di apparire».
Al termine della formula Dalia indossava l’adrienne un costosissimo abito molto amato nel 1700. L’andrienne è caratterizzato dalla sopravveste in taffetas, ovvero in tessuto di seta dal caratteristico rumore frusciante, molto aderente sul davanti, che si apre dietro in ricche pieghe le quali terminano in uno strascico. L’unico inconveniente era il corpetto troppo stretto, a suo avviso, in quanto gli impediva di respirare regolarmente, ma a questo dalia non fece poi tanto caso visto che, l’abito indossato, lo desiderava da una vita: Scollatura quadrata molto generosa, lasciava vedere i graziosi seni, ed il colore rosso del vestito, infine, risaltava i suoi bei capelli neri.
«Che magnifico abito, vero? Ora mi manca l’acconciatura. Che dici se sciogliessi i miei capelli? So che i nobili li legano, ma mi piacciono i miei capelli e, per una volta, terrei a mostrarli».
«Non m’importa come vuoi sistemarti i capelli entriamo e basta. Abbiamo perso fin troppo tempo».
«Come sei noioso».
Fu per Dalia esilarante notare l’espressione sbalordita di Leonard, quando vide i maglifici boccoli cadere lungo le spalle di Dalia. Per la prima volta il prete si soffermò a guardare quel viso così perfetto. Il viso rotondo, le guance rosee e gli occhi di un colore comune, ma da un taglio sensuale nascosto dall’ingenuità, incantarono quel cuore che, fino a quel momento, era rimasto insensibile alla bellezza. Leonard fu riportato alla realtà dalla domanda di Dalia la quale, non ricevendo risposta, gli rivolse la sua consueta espressione preoccupata.
«Stai bene? Sembri come sconvolto».
«Che sciocchezza dici? Piuttosto entriamo che sono stanco di aspettare», considerò Leonard scompigliandosi i capelli con la mano fasciata. Appena entrata, l’affascinante Dalia, fu accolta dal padrone di casa con visibile devozione essendo per lui l’ospite più atteso e, salutandola col baciamano, le fece i complimenti per la bellezza posseduta. Sfortunatamente per il conte, Leonard s’intromise nella discussione facendolo infuriare per l’interruzione.
«Chi l’ha fatto entrare? Non ricordo di averlo invitato».
«Gli ho chiesto io di venire. Padre Leonard è il mio compagno di viaggio. Forse avrei dovuto chiedervi il permesso lord……»
L’espressione del conte mutò, senza motivo apparente, divenendo incredulo come se qualcosa, nella spiegazione di Dalia, l’avesse colpito.
«No, scusatemi voi, donna Dalia, per la mia scortesia. Perdonatemi».
«Certo milord».
Leonard parve visibilmente infastidito dalle premure che il conte rivolgeva alla sua compagna d’avventura che venivano accolte con frivolezza da quest’ultima. Si disse fosse una tattica usata da Dalia per incattivirsi il nobiluomo e ottenere, in tal modo, le risposte che loro ricercavano. «Scusi, ma avremmo un libro da restituirvi», interruppe nuovamente Leonard, ma mascherò abilmente il proprio fastidio con un’aria di indifferenza di fronte al comportamento seduttore del conte nei riguardi della donna.
De Sande chiamò il servitore e, dandogli il libro, gli ordinò di aspettare.
«Padre Leonard, stamani ho trovato un libro che non ho ancora letto, ma so che narra sempre del conte Dracula...»
«Mi sta chiedendo di leggerlo?»
«Certo. Se le va può farlo. Nel frattempo donna Dalia rimarrà in mia compagnia». Accettando di andare in biblioteca per leggere il nuovo libro, lasciò Dalia con il conte, il quale, soddisfatto della situazione creatasi, si rivolse alla giovane amica, con un sorriso, proponendole di danzare.
Mentre Dalia conosceva De Sande, Leonard leggeva, senza entusiasmo, il libro propostogli dal conte: «Che delusione. Questo libro non mi è per nulla utile».
Canini affilati e lunghi, occhi rossi, alto due metri…” «Aspetta un attimo. il castello di Dracula non si trova in Transilvania, ma si presume in Sicilia. Italia. Questa sì che è una novità», posando il libro con entusiasmo, guardò i libri posti sugli scaffali. Ce n’erano di tutti i generi, su mannari, maghi, alchimisti, demoni, angeli e arcangeli. «Che strano! Di solito i nobili possiedono libri di filosofia, di storia e quanto altro non concerni il mondo dell’occulto. Non mi fido di quest’uomo; sarà meglio andare via da questo villaggio. Potrebbe anche fare del male a Dalia. Non fa che mostrarle dell’interesse».
Preoccupato del pericolo in cui la ragazza stava andando incontro, si precipitò alla porta ma, prima che lui potesse aprirla, la vista di un volto lo immobilizzò. Si trattava di un quadro raffigurante una donna. Una donna che egli aveva in qualche modo veduto senza ricordare dove. Aveva lunghi capelli neri, occhi molto grandi e un’aria nobile. Con una mano iniziò ad accarezzarle le guance fatte solo di colore a olio. Era come se quel viso l’avesse toccato in passato. il suo era un viso dolce. Quella sua bocca che con amore pronunciava il nome Leonard si allargava in un caldo sorriso ogni qual volta i suoi occhi si posavano su di lui.
Nonostante i frammenti di ricordi visivi sulla donna, non riuscì a rammentare chi lei fosse. L’unico fattore plausibile era che, la donna del quadro, fosse la stessa di quella del sogno; nient’altro che la madre. Questo, però, restava solo un’ipotesi. La donna del sogno appariva sfocata e non ben definita. Ciò significava che solo col passare del tempo, ovvero man mano che nel sogno la figura sarebbe andata sempre più a delinearsi, questa possibilità sarebbe stata confermata o smentita.
Che bella la sensazione di speranza che si faceva largo nel suo cuore. Se lei era davvero la madre tanto cercata, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riaverla al suo fianco. Anche se cosciente dell’abbandono da parte di quella donna, non v’era traccia d’odio o voglia di vendetta in lui, ma solo un disperato desiderio di conoscere la felicità che si prova nell’essere amati ma che gli era stata sottratta all’età di due anni.
La mano continuò a scorrere su tutta la tela percorrendo le linee del viso, delle spalle e bloccandosi su una scritta in latino.
Alla mia amata”.
Solo all’ora si rese conto di un fattore alquanto assurdo: “Che ci fa questo dipinto a casa di de Sande? E cosa centra lui con questa donna? Sa dove si trova?”
Tali furono le domande che invaserò la sua mente inducendolo a precipitarsi d’impulso fuori dalla biblioteca per raggiungere il conte e ordinargli, con arroganza, di seguirlo. dalia lo guardò stupita non riconoscendo in lui il solito uomo posato e riflessivo. «Leonard che ti è preso?» mugolò Dalia senza ottenere l›attenzione desiderata «Vi prego milord lo assecondi».
De Sande, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a fissare, non con stupore il giovane prete, ma con divertimento, al contatto della mano di Dalia sulla sua, accolse la richiesta e, superando Leonard, si fermò dicendogli, senza voltarsi: «Sto aspettando che m’indirizzi verso la retta via, prete».
Leonard fu seguito da De Sande e Dalia restando in silenzio anche quando, entrato in biblioteca, si mise a guardare il dipinto. Il proprietario del dipinto era seduto sulla comoda poltrona e guardava divertito Leonard.
«Dalia nessuno ti ha chiesto di seguirci. Questa non è una faccenda che ti riguarda», informò Leonard, mentre cercava di stare il più calmo possibile.
«Ma io…»
«Non capisci? Vattene».
Il tono brusco e la reazione fisica violenta rivolta contro di lei, ma soprattutto quegli occhi freddi, portarono la giovane donna alla fuga. dopo aver sentito lo sbattere della porta Leonard cominciò a parlare: «Chi è questa donna?» il conte, ancora seduto, sorrise a quella domanda e, portando la mano al mento, disse sarcasticamente: «Non saprei. in questo palazzo sono entrate così tante donne».
«Non dica assurdità, se per questa donna non nutre alcun sentimento perché tiene il quadro proprio in questa stanza?»
«E lei allora che mi risponde? Come mai si porta dietro una donna della quale non le importa?» Leonard rispose senza mostrare alcun turbamento. «Dalia è importante per una missione».
Il conte, colpito per come Leonard tornò a fissare il dipinto, come se il suo scopo nella vita fosse il conoscere l’identità della donna, si decise a dire: «La donna che state guardando è mia moglie».
Leonard si voltò di scatto verso il conte, il quale, avvicinatosi al quadro, indicò la scritta in fondo a destra.
«Vedete? Accanto alla scritta in latino vi è anche la data 1789. L’anno in cui divenne la signora de Sande».
«E adesso dove si trova?»
«Assicurano che dopo la morte ci sia il paradiso per i buoni e l’inferno per i dannati. Se questo è vero, sono certo che, in questo momento, starà volando assieme agli angeli come lei».
Leonard si sentì d’improvviso sprofondare in un dolore eterno pensando che forse aveva perduto per sempre la madre. Ma tutta la disperazione sparì nell’udire le parole del conte che seguirono. «Non credo l’abbiate mai conosciuta. Morì ventidue anni a dietro e, a detta della signorina dalia, voi avete proprio ventidue anni».
«Sì. Mi spiace esser stato insensibile, ma credevo si trattasse di… niente. Addio».
La strada percorsa nel tornare alla locanda fu tormentata dai sensi di colpa provati anche quella volta per Dalia.
Decise che avrebbe fatto le proprie scuse, come di giusto, l’indomani, temendo che, se ci avesse provato quella stessa notte, la situazione sarebbe precipitata. di ciò lui si sbagliava. infatti, la sua compagna di viaggio non riusciva a chiuder occhio a causa del troppo dolore patito nell’animo. Stava sdraiata sul letto rimpiangendo i giorni felici passati con la sua amica Mary, mentre attendeva l’arrivo di Leonard che quella notte non giunse.
ToC ToC
«Sono Leonard posso entrare?»
Leonard mantenne la promessa di chiarire la vicenda della scorsa sera presentandosi a lei all’alba.
«Sì, entra pure» mugugnò Dalia, mentre sorseggiava dell’ottimo tè, «siedi pure in quella sedia».
Leonard senza dire nulla obbedì e si sedette sulla sedia posta accanto al letto dove vi era seduta la donna, la quale, per la troppa collera, non riusciva a rivolgere lo sguardo al prete. «Mi spiace di essermi comportato in modo perfido, ma non devi intrometterti nella mia vita privata. Fidati, conviene anche a te starne fuori», si fermò con la speranza di non dover rispondere a delle domande e fu accontentato. Dalia si limitò con lo stare col capo chino a guardare le mani di colui che le agitava vivacemente. «Però…», proseguì per fermarsi d’improvviso alla vista della borsa di Dalia. Preoccupato andò a controllare l’interno della borsa trovandovi ciò che s’aspettava. «Hai già preparato la borsa per continuare il cammino assieme? Come mai tutta questa fretta», disse convincendosi fosse infondata la sua preoccupazione.
«Hai proprio una faccia da schiaffi. Come puoi comportarti come se ieri non fosse accaduto nulla? Non ti facevo così egoista e io…», trattenne un urlo.
«Scusa», implorò Leonard tentando di calmarla con delle scuse.
«Non capisci? Non puoi cercare di cavartela sempre con uno scusa, forse neanche sentito. Non voglio più essere ferita soprattutto da te. Tanto è inutile parlarti. A questo punto preferisco ritornare al villaggio».
«No, non puoi. Come potrei risolvere l’incarico senza di te? Sei fondamentale per la missione».
Queste sue ultime parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
«T’importa solo della missione? Sparisci dalla mia vista. Non voglio più starti vicino». «Perché?» insistette Leonard prendendole un braccio e costringendola a far cadere la tazza vuota che ancora teneva in mano. Il rumore della tazza che si frantumava riecheggiò forte in tutta la stanza in quel momento invasa dal silenzio. Dalia, guardandolo diritto negli occhi, liberò tutta la rabbia, fino a quel momento repressa, e gridò: «Sei come tutti gli altri. Ti credi superiore a me e per questo mi tratti senza un minimo di rispetto umano. Ti odio». Sorpresa per come quelle parole fecero più male a lei di quanto ne potessero fare a Leonard, si portò la mano alla bocca impedendosi di dire altro. Sconvolta prese la borsa e uscì il più velocemente possibile da quella stanza maledetta. Una stanza nella quale aveva provato sentimenti nuovi; piacevoli e spiacevoli. Quanto sei stupido Leonard. Ma io lo sono più di te”, ammise capendo il motivo di quell›emozioni portatori più di dolore che di gioia. “Io… Io lo amo”. Sarebbe voluta rientrare e abbracciarlo per poi dichiarare i suoi veri sentimenti ma, l’orgoglio e la paura di raggiungere l’estremo dell’infelicità, glielo impedirono. “Mi rifiuterebbe se gli confessassi i miei sentimenti. Non mi resta che stargli lontano. il più lontano possibile”.
Mentre Dalia fuggiva da lui, Leonard stava affacciato alla finestra per vederla andar via impotente ma, sicuro che quella fosse la soluzione temporanea migliore per entrambi. «Noi due ci rincontreremo perché sarai tu a portarmi verso la soluzione finale. Ne sono fermamente convinto».