Buon pomeriggio amanti dei libri.
Prendiamo un caffè e parliamo di questo libro fantasy - gotico,
praticamente rientra nelle mie corde.
Chi mi conosce bene, può capire il perché...
sono gotica al 100%
Andiamo a scoprire insieme il romanzo di Fiorella Di Mauro
SCHEDA LIBRO:
Titolo:
Il
Destino in una Lacrima
Autore:
Fiorella
Di Mauro
Data
di pubblicazione:
15
Giugno 2018
Genere:
Fantasy/Gotico
Pagine:
292
Trama
Bramata
per secoli dalle forze del male. Custodita e tramandata da
sacerdotessa in sacerdotessa fino a perdersi per colpa di un amore
proibito. Il destino tesse le vite dei protagonisti riunendoli in un
unico filo, quello del destino dell'umanità, dipeso dalla sacra
lacrima di Cristo. Quale sarà la sorte dell'umanità?La profezia
parla chiaro. Sarà il figlio del male a distruggere i sigilli che
separano il mondo dei demoni da quello degli uomini. A non arrendersi
sono il prete Leonard e la strega Dalia. E mentre la ricerca
prosegue, la vita di altri personaggi s'intreccia alla loro, portando
con sé tasselli di una verità a tutti celata. Amori proibiti;
eterne guerre; una sola metà comune... la lacrima di Cristo.
Biografia
autrice
Fiorella
Di Mauro, nata il 16 Luglio 1985, è sempre stata attratta dall’arte.
Col sogno di divenire una fumettista, si iscrive all’Istituto
d’Arte di Catania dove apprende, fin da subtio, che dei fumetti ciò
che ama di più è scrivere la storia.
Si
cimenta nella stesura del suo primo romanzo di genere fantasy gotico
dal titolo “Il destino in una lacrima” pubblicato dalla CE Ctl
editore Livorno. Successivamente scrive il suo secondo romanzo “La
ragione del cuore” un libro di narrativa attuale.
Per
motivi di salute interrompe il mondo della scrittura e dopo anni di
lotta, riprende la penna per realizzare il suo terzo e ultimo romanzo
di genere fantasy spirituale “I falsi Dei”.
Quest’ultimo
romanzo ha ricevuto diverse proposte editoriali ma al momento sono in
fase di valutazione.
Ho
partecipato a differenti premi letterari con dei racconti ricevendo
grandi soddisfazioni.
Il
racconto thriller “La cantilena dei pazzi” arriva in finale al
concorso nazionale “Va in scena lo scrittore”.
Il
racconto fantasy storico “La Banshee” viene scelto per far parte
di un’antologia di racconti fantasy indetto dalla casa editrice
“Historica”.
La
favola “La gatta Bastet e il pitone Apophis” entra a far parte di
un libro di favole realizzato per beneficienza.
Il
racconto psicologico “Vivere la morte” viene premiato
dall’associazione culturale Eterna con il secondo posto nel
concorso letterario nazionale “Emozioni”.
Inoltre
la scrittrice si diletta a intervistare autori emergenti e non nella
sua rubrica “Tra finzione e realtà” che avviene nel gruppo
facebook “Tralerighe”.
Possiede
un canale Youtube dove crea dei video recensione e presentazione di
un libro.
Ha
partecipato alla fiera di Firenze “Libro aperto” nello stand
della casa editrice Ctl editore Livorno e con il gruppo facebook
Tralerighe e Nuuuuz.
Ha
partecipato alla fiera di Roma “Più libri più liberi” con il
gruppo Tralerighe e Nuuuuz.
Parteciperà
al salone del libro di Torino.
Blog
autrice: www.nuuuu.com
- Canale youtube Fiorella Di Mauro: https://www.youtube.com/channel/UCA3Bf41bAYD_VXHBLVsTBYA?view_as=subscriber
- Pagina facebook Il destino in una lacrima: https://www.facebook.com/Il-destino-in-una-lacrima-1910028562548082/?ref=settings
- Gruppo facebook Tralerighe: https://www.facebook.com/groups/pensieritralerighe/
Estratto:
CapItolo
2
Arrivarono
al villaggio quando la luna piena prese il dominio del cielo e, senza
neanche discutere, i due viaggiatori decisero di affittare due stanze
in una locanda per qualche notte. «Allora ci vediamo domani…
Buona notte»,
esclamò Dalia, prima di entrare in camera, all’uomo ormai stanco
del viaggio.
Leonard
parve infastidito da quel saluto accentuato dal tono esageratamente
alto e, digrignando i denti, entrò nella stanza accanto senza
ricambiare il saluto.
Ormai
Dalia
sembrava essersi abituata a ricevere tanta freddezza ingiustificata,
dato che, nella sua vita, aveva avuto la fortuna di conoscere poca
gente disposta a volerle bene nonostante il suo essere strega. La
gente del villaggio difatti la trattava come fosse il male in terra e
solo Mary sembrava tanto buona da provare quasi pietà per lei.
Scoprendosi a
ricordare i
momenti di serenità trascorsi con la sua amica si sedette sul
davanzale della finestra e osservò incantata la luna che quella
notte mostrava il suo volto più cupo.
La
strega, però, non poteva immaginare che, ogni qual volta il prete
posava gli occhi su di lei, notando la tristezza causata dalla sua
freddezza, un senso di colpa gli perveniva al cuore. in realtà
Leonard non la odiava ma, addirittura, sentiva di assomigliarle più
di quanto lei avrebbe potuto immaginare. Se avesse conosciuto i veri
sentimenti che il prete nutriva per quella fanciulla così sola,
Dalia
non sarebbe ricorsa alla magia per scoprire qualcosa sul suo compagno
di avventura.
«Cosa
potrei fare? Potrei usare l’acqua benedetta per scoprire qualcosa
sul passato di Leonard».
Senza
più tentennare,
prese una pergamena vergine, sulla quale disegnò la stella
pentagonale rivolta verso l’alto e, al centro di essa, pose una
bacinella di metallo contenente l’acqua benedetta. Per
concludere, formulò
l’incantesimo che lei stessa scrisse sulla pergamena:
«Dentro
a questa acqua pura,
in
questa notte oscura,
i
pensieri di colui,
che
nulla vuol far sapere,
io
voglio vedere».
La
figura che vide fu quella di una ragazza bella e sensuale che
sorridente sembrava
guardarla a sua volta.
Nutrendo un po’ di invidia rimase a fissarla ipnotizzata fino a
quando una nube oscura l’avvolse facendo divenire l’acqua
benedetta nera come la notte. Dalia,
si sentì pervadere da un’angoscia inusuale, che la costrinse
a pronunciare uno spezza incantesimi:
«Stelle
di fuoco
Luna
di ghiaccio
rompete
adesso l’incanto
che
ho fatto».
Dalia
si lasciò cadere sul letto,
travolta ancora dall’accaduto.
“Ma
cosa sarà stato? Non mi è mai capitato nulla di simile. Forse
quella donna è morta”. Con mille sospetti e preoccupazioni in
testa Dalia
si lasciò scivolare nel sonno per risvegliarsi l’indomani ancora
più confusa della sera precedente.
«Forse
dovrei consultare il maestro Criswel».
Criswel
era come un padre per lei.
Dopo
la morte dei suoi genitori, i quali furono bruciati vivi dalla gente
del villaggio, con l’accusa di aver usato la stregoneria, il
maestro l’accolse a braccia aperte nella sua modesta casa. In
effetti, i suoi genitori, adoperavano la magia, ma mai per fare del
male a innocenti. Dalia
ricordava benissimo sua madre;
in particolare modo gli occhi verdi capaci di ipnotizzare e ammansire
anche la bestia più feroce. Era una donna dal carattere forte e
valoroso e avrebbe voluto assomigliarle anche solo un po’. Di
solito si ritiene che le figlie femmine si leghino maggiormente al
padre. Forse, anche per lei, sarebbe stato così, se solo lui non
fosse stato spesso lontano da casa. A ogni modo, sarebbe stato meglio
saperlo lontano, ma salvo, che vicino e morto come avvenne quel
giorno. il destino volle così; entrambi i suoi genitori uccisi
davanti ai suoi occhi. Prima di morire, però la madre la confortò
telepaticamente: “Non temere figlia mia. Sarò sempre con te e se
avrai bisogno del mio aiuto invocami e io apparirò”.
«Già!
Per ricevere risposta dal mio maestro sarei costretta ad aspettare
molto tempo, ma se evocassi lo spirito di mia madre potrei conoscere
prima il significato di
quell’acqua
scura». Sistemato il braciere in ferro sul tavolino,
dispose cinque candele nere su ogni singola punta di una stella
pentagonale. Dopo aver acceso con un fiammifero lo stoppino delle
candele, scrisse su una pergamena il nome della madre e pungendosi un
dito con la punta di un pugnale fece colare tre gocce di sangue sulla
scritta. Infine,
recitando l’incantesimo,
bruciò la pergamena per poi gettarla sul braciere.
«Madre
disperata,
madre
bruciata,
il
fuoco ti ha estirpata
dalla
terra che ti ha generata
e
dal fuoco adesso la tua essenza
diventerà
presenza».
Una
luce accecante implose facendo apparire lo spirito di una donna
carismatica. «Dalia,
cara, come mai mi hai evocata?»,
parve confusa mentre, ingenuamente, tentò di carezzare, senza
riuscirvi, il viso della figlia che non riusciva a parlare per la
forte emozione.
Dalia
si era ripromessa che mai avrebbe evocato gli spiriti dei suoi
genitori poiché il suo obiettivo era quello di riportarli in vita e
poterli così riabbracciare, ma qualcosa dentro di sé le aveva fatto
infrangere quella promessa. La consapevolezza che mai sarebbe stata
in grado di effettuare il rituale di rinascita dello spirito.
«Ieri
sera dopo un rituale l’acqua benedetta è divenuta nera»,
riuscì a sussurrare appena. «So perfettamente cosa è accaduto ieri
sera, ma purtroppo, in questo caso, non mi è permesso aiutarti.
Posso solo dirti che la ragazza è…»
La
porta della stanza fu spalancata dalla furia di Leonard che, con
espressione grave, fissava la giovane donna che a sua volta lo
fissava stupita e ammutolita. Leonard fu il primo a esplodere
presentando una reazione alquanto esagerata a parere della ragazza
che superata la madre gli andò contro.
«Che
cosa hai fatto? Per quale ragione hai evocato questo spirito?»
«Lei
è mia madre e ho tutto il diritto di evocarla quando ne ho bisogno».
Dalia
fu bloccata dalla madre la quale, senza girarsi a
guardare Leonard,
disse, in tono grave: «Tratta bene mia figlia…… Se non lo farai,
te ne pentirai. Non è una minaccia ma un consiglio,
poiché solo unendo le vostre forze arriverete alla verità…
Addio»,
detto ciò svanì.
«La
prossima volta rivolgiti a me prima di adoperare la magia, intesi?»
Dalia,
incurante della furia persistente del compagno d’avventura, uscì
dalla stanza senza degnarlo di risposta.
«Dove
vai?»
«Ho
un po’ di fame. Sai, per fare magia c’è bisogno di molta
energia… Dai tranquillizzati. Puoi ben notare che non è accaduto
nulla»,
dovendo ammettere che non era accaduto nulla, Leonard scese con lei a
fare colazione e decisero come trascorrere la giornata in quel
villaggio a loro sconosciuto. Lui avrebbe richiesto
un
colloquio col
sacerdote del villaggio,
mentre Dalia
avrebbe fatto visita al conte De
Sande che governava il villaggio; certi che fossero in parte a
conoscenza di quella maledetta profezia.
Il
villaggio non era molto diverso dagli altri; c’erano bancarelle
dove erano esposte, per essere venduti, cibi, vestiti e oggetti.
Proprio una bancarella, con questo ultimo elemento, ottenne la sua
attenzione. d’innanzi
a lei vi erano dei libri di cui uno riportava un titolo che le
suscitò curiosità. “Gli uomini immortali”.
«Mi
scusi signora. Quanto pago per questo?»
La
signora, che si avvicinò a lei sorridente, mutò espressione nel
vedere il libro che Dalia
le mostrava. Strappandole il libro dalle mani la guardò con occhi
sgranati dal terrore. «Questo non è in vendita».
«Ma
io …»
Intuendo,
dal tono deciso della voce, che l’anziana signora non avrebbe mai
ceduto, nonostante il suo continuo insistere, ripose il libro sulla
bancarella e proseguì verso la residenza nobiliare.
“Che
stupida. Se non vuole venderlo perché l’ha esposto? Però è
strano che possegga quel libro. Forse in questo villaggio
sanno più cose di quel che immagino”.
Dopo
un lungo camminare arrivò al palazzo nobiliare in stile impero e,
chiedendo udienza, per parlare col conte, fu fatta accomodare in
biblioteca. Com’era prevedibile, trovò testi che trattavano
argomenti ultraterreni e, dando importanza ai titoli, ne prese due
per leggere qualche pagina, ma fu interrotta dall’ingresso del
nobiluomo.
«Buon
dì madamigella. Mi presento; sono il conte August de Sande»,
terminò
la presentazione con un baciamano senza che i suoi occhi, neri come
la notte, smettessero di scrutarla intensamente.
«Buon
… buongiorno lord De Sande sono Dalia Lorenzetti».
«Italiana.
In effetti l’aspetto non mi lascia dubbi… siete un affascinante
donna italiana»,
le rivolse un sorriso accattivante, mentre porgeva un bicchiere di
whisky.
Come
ipnotizzato,
il conte rimase in silenzio a studiare i lineamenti del viso di
Dalia.
il viso rotondo, la carnagione rosea, gli occhi di un taglio molto
attraente e in particolar modo i boccoli neri coinvolsero il nobile e
non poté fare a meno di credere di trovarsi di fronte a una strega.
«E
allora donna dalia cosa vi porta qua?»,
domandò sedendosi sulla poltrona per poi bere tutto d’un fiato il
whisky.
«Credete
nell’esistenza del demone dracula?» rimase colpita
dall’impassibilità che mostrò il conte nell›udire una domanda
alquanto imprevedibile.
Questo
le fece intendere che fosse al corrente della profezia. De
Sande non fece attendere molto la giovane strega che, seguendo i suoi
spostamenti, si voltò non appena lui la sorpassò per avvicinarsi
alla libreria e prenderle un libro:
«Qua è narrata la storia del conte dracula. Volete che ve la
racconti o preferite leggere per conto vostro? Fate come più
gradite».
«Potrei
riportarvelo domani, prima che il sole sia calato?».
Il
conte annuì e prendendole la mano l’accompagnò fuori la
residenza.
«Domani
ci sarà una piccola festa in onore dei miei trenta anni. Mi fareste
l’onore di essere la mia dama per quella sera?» Dalia non riuscì
a rifiutare e,
senza ribellarsi seguì stupita, ma anche ammaliata, le labbra del
conte che baciarono la sua piccola mano. Quando però i suoi occhi
incrociarono quelli tenebrosi dell’uomo un brivido le percorse la
schiena e ritirando
d’istinto
la mano fuggì via. Era
certa che quelli fossero occhi di demone e dalla sua aurea capì
fosse uno fra i più potenti. Eppure, vi era una domanda a cui non
sapeva rispondere:
“Perché
mi sta aiutando se è malvagio?”
Dalia
tornò alla locanda con l’unico scopo di chiudersi in stanza e
leggerei libri sul conte dracula, ma questo le fu impedito dalla
presenza dell’unico uomo che mai avrebbe immaginato di trovare
disteso sul suo letto.
«Leonard»,
sussurrò con tristezza. L’uomo più taciturno, introverso e
intrattabile che avesse mai conosciuto, sorprendentemente, in quel
momento, appariva indifeso, rannicchiato su sé stesso. Fu
allora che
capì chi fosse
realmente
l’uomo davanti
a sé;
era il vero “io” del prete.
“Voglio
sapere cosa nasconde. Ho bisogno di sapere come posso fargli
ritrovare quel sorriso che sicuramente finora non ha conosciuto, ma
che alberga in lui”.
Prese
da dentro la sua borsa di viaggio un sacchettino in pelle che
conteneva una polverina capace di indurre in un sonno profondo colui
che l’avesse assimilato. Mescolandola con dell’acqua calda gliela
fece ingerire a piccoli sorsi, riuscendo
a non farlo destare dal sonno.
Dopodiché
appoggiò le sue mani sulle tempie di Leonard e, chiudendo gli occhi,
si concentrò. Nel sogno vide molta confusione; le immagini
scorrevano velocemente e senza un ordine. Si accorse, però, che ogni
scena era caratterizzata da un’espressione triste dipinta sul volto
di un bambino. La stessa che ebbe lei alla vista dei genitori morti.
Dalia parve
appropriarsi dei sentimenti di Leonard,
avvertendo un
dolore indescrivibile. Questo però non bastò per
fermarla; Dalia
continuò a leggergli la mente e, concentrandosi con maggiore
intensità, riuscì a captare ciò che lui stava sognando.
“Un
bambino portato da una donna ad un sacerdote; la donna se ne va e il
bambino piange e grida…”
«Madre».
Ritornata
di soprassalto alla realtà, si ripromise che mai più avrebbe
scavato nella vita privata del compagno d’avventura.
L’aria
fredda della sera, entrava prepotente dagli spifferi della finestra e
non volendo far prendere freddo all’uomo, per il quale iniziava a
nutrire un tenero affetto, lo coprì con una coperta di lana presa
dalla cassapanca di legno ai piedi del letto. Quindi,
sedendogli
accanto, gli tenne la mano come per infondergli coraggio.
Leonard
fu svegliato dal canto di un uccellino posato sul davanzale della
finestra. Per la prima volta, in tutta la sua vita, una sensazione di
pace aveva spazzato via l’ansia, che ogni notte entrava in lui
tormentandogli i sogni. Non capiva da cosa fosse dipeso, ma qualcosa
dentro di sé dava il merito alla ragazza che teneramente gli
stringeva la mano. Sentiva il respiro di Dalia
scaldargli mano
e forse anche l’anima. Lei senza volerlo si era addormentata con la
testa poggiata sul braccio di Leonard,
che vinto dal desiderio
anche solo di sfiorarla le carezzò delicatamente le
morbide guance.
Se
a Leonard quella notte portò benefici, a Dalia solo dolori fisici.
Si lamentò tutto il giorno dei dolori,
fino a quando Leonard,
infastidito,
le consiglio i rimedi magici:
«Perché
non ti prepari una qualche cosa? Sei o no una strega?».
Incredula
per quel consiglio avuto dall’uomo che, solo il giorno prima,
l’aveva rimproverata, chiese: «Levami una curiosità. Cosa hai
fatto ieri? Ti è successo qualcosa? oggi ti vedo diverso dal
solito».
«Ti sbagli. Sono lo stesso di ieri... A proposito di ieri; come è
andato col nobile del villaggio?» Dalia
non rispose, preferì prendere direttamente il libro da
dentro
la borsa. «Questo è il libro che, mi ha prestato il conte de
Sande». Passarono tutto il pomeriggio a leggere il libro ad alta
voce dandosi il cambio.
Al
termine della lettura, Leonard fece il reso conto di tutti i dati
fondamentali:
«Vlad 3° nacque nel novembre del 1431, nella fortezza di
Sighisoara, in Transilvania. Nell’inverno del 1436-37, Vlad 2°,
suo padre, divenne principe di Valacchia, principato a sud della
Transilvania, e prese residenza nel palazzo di Targoviste, la
capitale. Vlad 2° fu chiamato anche Dracul il cui significato era
“dragone” dato che questi divenne il suo simbolo perché faceva
parte del sacro ordine del dragone. il termine dracul in rumeno
poteva essere interpellato anche come diavolo. Ed è questo il
significato del soprannome dato a Vlad 3°. Dracula “figlio del
diavolo”. Si sostiene che Vlad 3° abbia venduto l’anima al
diavolo divenendo immortale e che, per vivere, si nutra del sangue
mortale. Vlad Dracula
è una creatura delle tenebre. il nosferatu. Simile a un cadavere è
pervaso da un’anima dannata. il suo corpo è in uno stato di
sospensione. il cuore ha cessato di battere, ma gli organi e le
membra sono preservate dalla decomposizione. Il
conte Dracula
dispone di numerose abilità magiche. Secondo delle testimonianze
riesce a trasformarsi in pipistrello o lupo, ha la capacità di
ipnotizzare, possiede l’abilità di vaporizzarsi in nebbia di fumo,
ha la padronanza di alcuni fenomeni atmosferici e numerosi poteri
mentali. Oltre
a disporre di queste capacità dracula ha anche diversi punti deboli.
il contatto con l’acquasanta o oggetti consacrati provocano grandi
ustioni. Non tollera la luce del sole che lo indeboliscono
notevolmente e odia i simboli religiosi. Il
suo corpo può essere ferito solo parzialmente, e se riesce a
riposare nel suo sepolcro è in grado di rigenerare i tessuti
danneggiati. Ma se si riesce a immobilizzarlo o stordirlo, allora è
possibile distruggerlo. Per eliminarlo definitivamente è necessario
conficcare un paletto di legno nel suo cuore e quindi decapitarlo».
In
quella stanza calò il silenzio più totale;
Dalia
stava per romperlo quando,
inspiegabilmente, Leonard iniziò a piangere.
«Non so che mi prende…… Scusa».
Spiazzatà
da quell’inspiegabile accaduto, Dalia rimase per qualche istante a
fissarlo a bocca aperta. Scossa dal bisogno di consolarlo, si decise
a reagire. Si avvicinò a lui; gli asciugò le lacrime e infine
strinse forte fra le sue le mani di Leonard.
«Non
capisco il motivo di queste lacrime, ma se vuoi sfogarti io sono qui.
Fidati di me; io non ti farò mai del male».
Leonard
non capiva come Dalia
riuscisse a spazzar via
ogni suo tormento. Sembrava essere capace
di guarire l’anima la sua anima. “Lei potrà aiutarmi”.
«Leonard,
il conte de Sande mi ha chiesto di riconsegnargli il libro proprio il
giorno in cui compie gli anni. Ci sarano i festeggiamenti nella sua
residenza e mi ha chiesto di parteciparvi come sua dama. io ho
accettato perché voglio sapere chi è De Sande però… ti sarei
grata se venissi anche tu».
Leonard
capì che lord De
Sande inquietava parecchio la giovane donna e, anche se il
suo programma iniziale era cercare
altre informazioni, decise di stare accanto a Dalia.
«Verrò con te».
«Fantastico»
esultò felice alle
parole di Leonard e, non sapendo frenare il suo entusiasmo, ebbe
l’impulso di abbracciare il giovane prete, il quale sorrise alla
vista di tanta gioia. «Ma dimmi, cosa hai scoperto ieri?»
Quella
domanda fece ripiombare
Leonard in tristi pensieri.
La strega ritornò seria notando i muscoli del viso di Leonard
irrigidirsi,
mentre il viso si
incupiva. Quindi si sedettero entrambi sul letto e Leonard cominciò
a raccontare. Spiegò che, due notti a dietro, furono ritrovati dei
cadaveri che riportavano delle ferite profonde su tutto il corpo e
che gli fu concesso di analizzarli potendo capire che erano morti
dissanguati.
«Quale
demone sarà stato?»
«Dracula.
Lui è maledetto» ringhiò schifato Leonard sferrando un pugno
contro la finestra. «Perché?» rimproverò indicandogli la mano
tutta tagliuzzata dai frammenti di vetro,
«Ma
poi chi ti dice che l’artefice di tale carneficina è Dracula?»
«Ti
assicuro che è stato lui» dalia non riusciva a distogliere lo
sguardo dalla ferita di Leonard poiché andava peggiorando.
«Vieni
userò delle erbe magiche che ti guariranno immediatamente».
«No!»
rifiutò bruscamente scansando la mano di Dalia «Rimanere qua a
parlare significherebbe sprecare solo del tempo, quindi, suggerisco
di cercare altre informazioni».
«Aspetta…»
«Tornerò
prima che cali il sole quindi fatti trovare pronta».
Quando
giunsero alla residenza di de Sande vi era già tanta gente dell’alta
aristocrazia. Leonard notò in dalia dell’imbarazzo e, capendo
fosse dovuto all’abito orribile indossato, la chiamò a sé
proponendole: «Non puoi presentarti conciata così di fronte a
questi nobili, perciò cerca di usare qualche magia per mutare
l’abito»
«Va
bene! Fammi pensare ad una formula che potrei pronunciare.
Ciò
che immagino d’indossare
io
gli ordino di apparire».
Al
termine della formula Dalia
indossava l’adrienne un costosissimo abito molto amato nel 1700.
L’andrienne è caratterizzato dalla sopravveste in taffetas, ovvero
in tessuto di seta dal caratteristico rumore frusciante, molto
aderente sul davanti, che si apre dietro in ricche pieghe le quali
terminano in uno strascico. L’unico inconveniente era il corpetto
troppo stretto, a suo avviso, in quanto gli impediva di respirare
regolarmente, ma a questo dalia non fece poi tanto caso visto che,
l’abito indossato, lo desiderava da una vita: Scollatura quadrata
molto generosa, lasciava vedere i graziosi seni, ed il colore rosso
del vestito, infine, risaltava i suoi bei capelli neri.
«Che
magnifico abito, vero? Ora mi manca l’acconciatura. Che dici se
sciogliessi i miei capelli? So che i nobili li legano, ma mi
piacciono i miei capelli e, per una volta, terrei a mostrarli».
«Non
m’importa come vuoi sistemarti i capelli entriamo e basta. Abbiamo
perso fin troppo tempo».
«Come
sei noioso».
Fu
per Dalia esilarante
notare l’espressione
sbalordita di Leonard,
quando vide i maglifici boccoli cadere lungo le spalle di Dalia.
Per la prima volta il prete si soffermò a guardare quel viso così
perfetto. Il
viso rotondo, le guance rosee e gli occhi di un colore comune, ma da
un taglio sensuale nascosto dall’ingenuità, incantarono quel cuore
che, fino a quel momento, era rimasto insensibile alla bellezza.
Leonard fu riportato alla realtà dalla domanda di Dalia
la quale, non ricevendo risposta, gli rivolse la sua consueta
espressione preoccupata.
«Stai
bene? Sembri come sconvolto».
«Che
sciocchezza dici? Piuttosto entriamo che sono stanco di aspettare»,
considerò Leonard scompigliandosi i capelli con la mano fasciata.
Appena entrata, l’affascinante Dalia,
fu accolta dal padrone di casa con visibile devozione essendo per lui
l’ospite più atteso e, salutandola col baciamano, le fece i
complimenti per la bellezza posseduta. Sfortunatamente per il conte,
Leonard s’intromise nella discussione facendolo infuriare per
l’interruzione.
«Chi
l’ha fatto entrare? Non ricordo di averlo invitato».
«Gli
ho chiesto io di venire. Padre Leonard è il mio compagno di viaggio.
Forse avrei dovuto chiedervi il permesso lord……»
L’espressione
del conte mutò, senza motivo apparente, divenendo incredulo come se
qualcosa, nella spiegazione di Dalia,
l’avesse colpito.
«No,
scusatemi voi, donna Dalia,
per la mia
scortesia. Perdonatemi».
«Certo
milord».
Leonard
parve visibilmente infastidito dalle premure che il conte rivolgeva
alla sua compagna d’avventura che venivano accolte con frivolezza
da quest’ultima. Si disse fosse una tattica usata da Dalia
per incattivirsi il nobiluomo e ottenere, in tal modo, le risposte
che loro ricercavano. «Scusi, ma avremmo un libro da restituirvi»,
interruppe nuovamente Leonard, ma mascherò abilmente il proprio
fastidio con un’aria di indifferenza di fronte al comportamento
seduttore del conte nei riguardi della donna.
De
Sande chiamò il servitore e, dandogli il libro, gli ordinò di
aspettare.
«Padre
Leonard, stamani ho trovato un libro che non ho ancora letto, ma so
che narra sempre del
conte Dracula...»
«Mi
sta chiedendo di leggerlo?»
«Certo.
Se le va può farlo. Nel frattempo donna Dalia
rimarrà in mia compagnia».
Accettando di andare in biblioteca per leggere il nuovo libro, lasciò
Dalia
con il conte, il quale, soddisfatto della situazione creatasi, si
rivolse alla giovane amica, con un sorriso, proponendole di danzare.
Mentre
Dalia
conosceva De
Sande, Leonard leggeva, senza entusiasmo, il libro propostogli dal
conte: «Che
delusione. Questo libro non mi è per nulla utile».
“Canini
affilati e lunghi, occhi rossi, alto due metri…” «Aspetta un
attimo. il castello di Dracula
non si trova in Transilvania, ma si presume in Sicilia. Italia.
Questa sì che è una novità»,
posando
il libro con entusiasmo, guardò i libri posti sugli scaffali. Ce
n’erano di tutti i generi, su mannari, maghi, alchimisti, demoni,
angeli e arcangeli. «Che strano! Di solito i nobili possiedono libri
di filosofia, di storia e quanto altro non concerni il mondo
dell’occulto. Non mi fido di quest’uomo; sarà meglio andare via
da questo villaggio. Potrebbe anche fare del male a Dalia.
Non fa che mostrarle dell’interesse».
Preoccupato
del pericolo in cui la
ragazza stava
andando incontro, si precipitò alla porta ma, prima che lui potesse
aprirla, la vista di un volto lo immobilizzò. Si trattava di un
quadro raffigurante una donna. Una donna che egli aveva in qualche
modo veduto senza ricordare dove. Aveva lunghi capelli neri, occhi
molto grandi e un’aria nobile. Con una mano iniziò ad accarezzarle
le guance fatte solo di colore a olio. Era come se quel viso l’avesse
toccato in passato. il suo era un viso dolce. Quella sua bocca che
con amore pronunciava il nome Leonard si allargava in un caldo
sorriso ogni qual volta i suoi occhi si posavano su di lui.
Nonostante
i frammenti di ricordi visivi sulla donna, non riuscì a rammentare
chi lei fosse. L’unico fattore plausibile era che, la donna del
quadro, fosse la stessa di quella del sogno; nient’altro che la
madre. Questo, però, restava solo un’ipotesi. La donna del sogno
appariva sfocata e non ben definita. Ciò significava che solo col
passare del tempo, ovvero man mano che nel sogno la figura sarebbe
andata sempre più a delinearsi, questa possibilità sarebbe stata
confermata o smentita.
Che
bella la sensazione di speranza che si faceva largo nel suo cuore. Se
lei era davvero la madre tanto cercata, avrebbe fatto qualsiasi cosa
pur di riaverla al suo fianco. Anche se cosciente dell’abbandono da
parte di quella donna, non v’era traccia d’odio o voglia di
vendetta in lui, ma solo un disperato desiderio di conoscere la
felicità che si prova nell’essere amati ma che gli era stata
sottratta all’età di due anni.
La
mano continuò a scorrere su tutta la tela percorrendo le linee del
viso, delle spalle e bloccandosi su una scritta in latino.
“Alla
mia amata”.
Solo
all’ora si rese conto di un fattore alquanto assurdo:
“Che
ci fa questo dipinto a casa di de Sande? E cosa centra lui con questa
donna? Sa dove si trova?”
Tali
furono le domande che invaserò la sua mente inducendolo a
precipitarsi d’impulso fuori dalla biblioteca per raggiungere il
conte e ordinargli, con arroganza, di seguirlo. dalia lo guardò
stupita non riconoscendo in lui il solito uomo posato e riflessivo.
«Leonard che ti è preso?» mugolò Dalia
senza ottenere l›attenzione desiderata «Vi prego milord lo
assecondi».
De
Sande, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a fissare, non
con stupore il giovane prete, ma con divertimento, al contatto della
mano di Dalia
sulla sua, accolse la richiesta e, superando Leonard, si fermò
dicendogli, senza voltarsi: «Sto aspettando che m’indirizzi verso
la retta via,
prete».
Leonard
fu seguito da De
Sande e Dalia
restando in silenzio anche quando, entrato in biblioteca, si mise a
guardare il dipinto. Il
proprietario del dipinto era seduto sulla comoda poltrona e guardava
divertito Leonard.
«Dalia
nessuno ti ha chiesto di seguirci. Questa non è una faccenda che ti
riguarda»,
informò Leonard, mentre cercava di stare il più calmo possibile.
«Ma
io…»
«Non
capisci? Vattene».
Il
tono brusco e la reazione fisica violenta rivolta contro di lei, ma
soprattutto quegli occhi freddi, portarono la giovane donna alla
fuga. dopo aver sentito lo sbattere della porta Leonard cominciò a
parlare: «Chi
è questa donna?» il conte, ancora seduto, sorrise a quella domanda
e, portando la mano al mento, disse sarcasticamente: «Non saprei. in
questo palazzo sono entrate così tante donne».
«Non
dica assurdità, se per questa donna non nutre alcun sentimento
perché tiene il quadro proprio in questa stanza?»
«E
lei allora che mi risponde? Come mai si porta dietro una donna della
quale non le importa?» Leonard rispose senza mostrare alcun
turbamento. «Dalia
è importante per una missione».
Il
conte, colpito per come Leonard tornò a fissare il dipinto, come se
il suo scopo nella vita fosse il conoscere l’identità della donna,
si decise a dire: «La donna che state guardando è mia moglie».
Leonard
si voltò di
scatto verso il conte, il quale, avvicinatosi al quadro, indicò la
scritta in fondo a destra.
«Vedete?
Accanto alla scritta in latino vi è anche la data 1789. L’anno in
cui divenne la signora de Sande».
«E
adesso dove si trova?»
«Assicurano
che dopo la morte ci sia il paradiso per i buoni e l’inferno per i
dannati. Se questo è vero, sono certo che, in questo momento, starà
volando assieme agli angeli come lei».
Leonard
si sentì d’improvviso sprofondare in un dolore eterno pensando che
forse aveva perduto per sempre la madre. Ma tutta la disperazione
sparì nell’udire le parole del conte che seguirono. «Non credo
l’abbiate mai conosciuta. Morì ventidue anni a dietro e, a detta
della signorina dalia, voi avete proprio ventidue anni».
«Sì.
Mi spiace esser stato insensibile, ma credevo si trattasse di…
niente. Addio».
La
strada percorsa nel tornare alla locanda fu tormentata dai sensi di
colpa provati anche quella volta per Dalia.
Decise
che avrebbe fatto le proprie scuse, come di giusto, l’indomani,
temendo che, se ci avesse provato quella stessa notte, la situazione
sarebbe precipitata. di ciò lui si sbagliava. infatti, la sua
compagna di viaggio non riusciva a chiuder occhio a causa del troppo
dolore patito nell’animo. Stava sdraiata sul letto rimpiangendo i
giorni felici passati con la sua amica Mary, mentre attendeva
l’arrivo di Leonard che quella notte non giunse.
ToC
ToC
«Sono
Leonard posso entrare?»
Leonard
mantenne la promessa di chiarire la vicenda della scorsa sera
presentandosi a lei all’alba.
«Sì,
entra pure» mugugnò Dalia,
mentre sorseggiava dell’ottimo tè,
«siedi pure in quella sedia».
Leonard
senza dire nulla obbedì e si sedette sulla sedia posta accanto al
letto dove vi era seduta la donna, la quale, per la troppa collera,
non riusciva a rivolgere lo sguardo al prete. «Mi spiace di essermi
comportato in modo perfido, ma non devi intrometterti nella mia vita
privata. Fidati, conviene anche a te starne fuori»,
si
fermò con la
speranza di non dover rispondere a delle domande e fu accontentato.
Dalia
si limitò con lo stare col capo chino a guardare le mani di colui
che le agitava vivacemente.
«Però…»,
proseguì per fermarsi d’improvviso alla vista della borsa di
Dalia.
Preoccupato andò a controllare l’interno della borsa trovandovi
ciò che s’aspettava. «Hai già preparato la borsa per continuare
il cammino assieme? Come mai tutta questa fretta»,
disse convincendosi fosse infondata la sua preoccupazione.
«Hai
proprio una faccia da schiaffi. Come puoi comportarti come se ieri
non fosse accaduto nulla? Non ti facevo così egoista e io…»,
trattenne un urlo.
«Scusa»,
implorò Leonard tentando di
calmarla con delle scuse.
«Non
capisci? Non puoi cercare di cavartela sempre con uno scusa,
forse neanche sentito. Non voglio più essere ferita soprattutto da
te. Tanto è inutile parlarti. A questo punto preferisco ritornare al
villaggio».
«No,
non puoi. Come potrei risolvere l’incarico senza di te? Sei
fondamentale per la missione».
Queste
sue ultime parole furono la goccia che fece traboccare il vaso.
«T’importa
solo della missione? Sparisci dalla mia vista. Non voglio più starti
vicino». «Perché?» insistette Leonard prendendole un braccio e
costringendola a far cadere la tazza vuota che ancora teneva in mano.
Il
rumore della tazza che si frantumava riecheggiò forte in tutta la
stanza in quel momento invasa dal silenzio. Dalia,
guardandolo diritto negli occhi, liberò
tutta
la rabbia, fino a quel momento repressa, e gridò: «Sei come tutti
gli altri. Ti credi superiore a me e per questo mi tratti senza un
minimo di rispetto umano. Ti odio».
Sorpresa per come quelle parole fecero più male a lei di quanto ne
potessero fare a Leonard, si portò la mano alla bocca impedendosi di
dire altro.
Sconvolta prese la borsa e uscì il più velocemente possibile da
quella stanza maledetta. Una stanza nella quale aveva provato
sentimenti nuovi; piacevoli e spiacevoli. “Quanto
sei stupido Leonard. Ma io lo sono più di te”,
ammise capendo il motivo di quell›emozioni portatori più di dolore
che di gioia. “Io… Io lo amo”. Sarebbe voluta rientrare e
abbracciarlo per poi dichiarare i suoi veri sentimenti ma, l’orgoglio
e la paura di raggiungere l’estremo dell’infelicità, glielo
impedirono. “Mi rifiuterebbe se gli confessassi i miei sentimenti.
Non mi resta che stargli lontano. il più lontano possibile”.
Mentre
Dalia
fuggiva da lui, Leonard stava affacciato alla finestra per vederla
andar via impotente ma, sicuro che quella fosse la soluzione
temporanea migliore per entrambi. «Noi due ci rincontreremo perché
sarai tu a portarmi verso la soluzione finale. Ne sono fermamente
convinto».